Tommaso Lamantia racconta la sua impresa sulle Dolomiti: la salita al Sasso Dieci. Ecco il suo bellissimo racconto, che Viaggi Originali propone ai suoi lettori.
Cosa ti ha spinto nel tentare la “prima” del Sasso Dieci, denominata Delirio Giallo?
“Nel 2015 sono stato in spedizione in Pakistan con un gruppo di 5 ragazzi e come capo spedizione c’era Walter Polidori, qui siamo riusciti a scalare una via nuova su una montagna mai salita e abbiamo tentato altre quattro vie, ma purtroppo non completate per problemi oggettivi. Io del gruppo conoscevo solamente una persona, quella che mi ha invitato a partecipare, e prima della partenza ho fatto un po’ di attività con il gruppo e insieme a Walter abbiamo scalato diverse vie sull’Arco Alpino e abbiamo portato a termine un mio progetto su una via nuova in Valle Maggia, in Ticino Svizzera; la via si chiama ‘cani sciolti’ e si possono trovare informazioni in rete). Cosi Walter per ricambiare mi ha invitato su questo suo progetto che aveva in Dolomiti. Quando ho visto la foto della torre mi sono subito appassionato per la bellezza della struttura e per la logica della via”.
La via l’avete studiata nel dettaglio? Con quale metodo?
“Walter era già salito due volte con altri due compagni, ma poi gli impegni personali e la difficoltà della via hanno reso questo progetto impegnativo e lungo. Il metodo era semplice: nessuna corda fissa in parete e utilizzo di soli chiodi e protezioni veloci. Purtroppo per avere un margine di sicurezza sufficiente alla fine abbiamo dovuto utilizzare anche pochi spit vista la qualità della roccia”.
Quali sono state le difficoltà maggiori in questa fase?
“Le difficoltà in questa fase se cosi le vogliamo chiamare sono sempre le stesse: trovare i compagni giusti e motivati e affrontarla con la strategia giusta. Dopo averla provata in due con saccone a seguito, poi rivelata come strategia errata, siamo saliti in tre con due zaini più grossi e uno zainetto leggero per il primo”.
Quali invece le maggiori difficoltà tecniche in parete?
“Le difficoltà maggiori in parete sono date soprattutto dall’esposizione strapiombante della parte alta della via e la scarsa qualità della roccia in alcuni punti. Io non sono un grande ‘dolomitista’ e mi rendo conto che in Dolomiti la roccia non è sempre di ottima qualità, ma alcuni tratti ci hanno impegnato veramente”.
Quanto ci avete messo per completare la via “Delirio Giallo”?
“Walter ha fatto cinque salite in totale, mentre Mattia e io ne abbiamo fatte tre. Le prime volte con varie ritirate in diversi punti mentre l’ultima volta quella decisiva siamo saliti la sera prima alla base della parete e abbiamo bivaccato, il giorno dopo siamo partiti con tutto il materiale pensando di dover bivaccare nel migliore dei casi in cima alla torre, ma in dieci ore e mezza abbiamo risolto tutte le difficoltà e all’ora di cena eravamo di ritorno alla base, dopo aver attrezzato una linea di calate sulla parete di destra guardando la torre”.
Come ti sei sentito ad essere stato il primo ad aprire la via?
“Essere i primi a salire una via e specialmente una montagna oppure anche solo una torre è una soddisfazione grandissima, ma tutto è dato dall’essere riuscito in qualcosa che fino a poco prima era totalmente dubbia. Non hai mai la certezza di riuscire nei progetti in cui ti impegni”.
Il tuo “compagno” di ascesa è stato il Suunto Ambit3 Peak? Quale supporto offerto dal wtc hai maggiormente apprezzato?
“Ho sempre avuto con me il mio Suunto Ambit Peak durante tutti i tentativi e nell’ultimo tentativo con il brutto tempo che ci girava intorno mi è servito per tranquillizzare gli animi visto che la pressione atmosferica e l’altitudine non stava subendo grandi variazioni. Il prodotto Suunto ci stava confermando che non sarebbe peggiorato molto il tempo e ci ha spinti a continuare ignorando le nuvole che vedevamo attorno”.
Quale nuova impesa hai nel cassetto?
“Ne ho parecchie di imprese nel cassetto, ogni settimana provo a sfidare me stesso su progetti interessanti sulle nostre montagne. Dopo Delirio Giallo e dopo tutta quella dolomia ho una gran voglia di granito e come sempre di grandi pareti e grandi montagne”.