Decisi a visitare il Pakistan? Ottima scelta: si tratta di una delle regioni meno facilmente accessibili del pianeta, capace di emozionare con visioni mozzafiato sulle più alte montagne della terra e di mettere in contatto con popolazioni interessanti che vivono da sempre isolate dal mondo.
Il Pakistan, grande quanto Italia e Francia, è uno stato cuscinetto di rilevante importanza strategica tra Mare Arabico (oceano Indiano) e l’interno del continente asiatico, confine tra Medio Oriente e Sudest asiatico, ma anche da sempre punto di incontro e di scontro tra Ovest ed Est grazie alle strade carovaniere che lo hanno solcato fin dall’antichità, alle popolazioni che vi si sono trasferite e agli eserciti che l’hanno conquistato, producendo una straordinaria eterogeneità etnica e culturale. Bagnato in tutta la sua lunghezza dall’Indo, capace di trasformare un deserto in una fertile pianura, confina con India, Cina, Afganistan e Iran, nomi non certo rassicuranti.
Come nazione sovrana nasce soltanto nel 1947, al momento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, per dare una patria omogenea e senza conflitti ai musulmani indiani, operazione che ha comportato un esodo biblico di 7 milioni di islamici dall’India al Pakistan e di 10 milioni di indù in senso inverso. Anche il nome è artificioso: Pakistan deriva infatti dalle tre iniziali di Punjab, Afganistan e Kashmir e dalla finale di Belucistan.
Pure la capitale, Islamabad, è sorta dal nulla negli anni 70 al centro del paese come quartiere di Rawalpindi, capitale tra 1952 e 1971 in sostituzione del grande porto di Karachi, capitale tra 1948 e 1959. Paese costruito quindi sulla carta, scosso da continui colpi di stato, omicidi politici, scontri con i vicini e ingerenze straniere, ma anche di raffinata cultura – come dimostra Lahore, antica capitale dell’impero musulmano moghul – e di antichissima civiltà: nella valle dell’Indo già 5 mila anni fa era nata una delle prime culture del mondo, come attestano i resti di Moenjodaro e Harappa, città con larghe strade, fognature e case in mattoni a due piani, con una propria scrittura, una florida agricoltura irrigata e scambi commerciali a lungo raggio.
Da sempre ha attirato eserciti e conquistatori: dai Persiani di Ciro il Grande ai greci di Alessandro Magno, dagli arabi a Gengis Khan, da Tamerlano agli inglesi, solo per citarne alcuni. Onore e vanto del Pakistan è la Karakorum Highway, la strada più difficile ed elevata della terra, un’incredibile opera di ingegneria che collega la capitale alle estreme regioni settentrionali attraverso le catene del Karakorum, dell’Indukush, dell’Himalaya e del Pamir tra le più alte cime del pianeta fino a Kasghar nel Xinjiang cinese: 750 km di distanza fino ad un’altezza di 4.655 m del passo di Kunjerab, il valico di confine più alto del mondo, ma con un dislivello complessivo di 12.250 m. La sua costruzione, iniziata nel 1960 e conclusa nel 1986, ha richiesto l’intervento di 15 mila soldati pakistani e di 10-20 mila cinesi, con almeno 500 vittime, data la quasi impossibilità di utilizzare mezzi meccanici. Il percorso, che ricalca in parte il tracciato meridionale dell’antica carovaniera della Via della Seta, è stato infatti scavato con piccone ed esplosivo nella roccia, superando con 100 ponti vallate profondissime e ghiacciai, e 10 mila soldati lavorano tutto l’anno per tenerla sgombra da neve e frane.
Sicuramente la zona più spettacolare dal punto di vista ambientale e paesaggistico risulta quella settentrionale, al confine con il Kashmir indiano, il Xinjiang cinese e l’Afganistan, tra le più alte montagne della terra con vette superiori ai 7 ed agli 8 mila metri. Tra queste vallate pressoché inaccessibili, e oggi solo in parte toccate dalla Karakorum Highway, hanno vissuto per millenni isolate dal mondo e con una magra economia di sussistenza piccole popolazioni di diverse etnie che sono riuscite a mantenere intatte nel tempo costumi, lingue, religioni e stili di vita, tanto da rappresentare un interessantissimo caleidoscopio etnografico, oggetto di studio da parte degli antropologi.
Tra i tanti meritano un cenno i Kalash delle vallate dell’Indukush verso il confine afgano e gli Hunza del Karakorum presso il confine cinese. Gli Hunza, che vivono di agricoltura e allevamento in una valle stretta e ripida a 2.500 m di quota dove si parlano ben quattro lingue diverse, sono molto diversi dagli altri montanari musulmani. Sono infatti ismailiti, seguaci cioè di una setta sciita più esoterica che riconosce come capo spirituale il principe Kharim Aga Khan, quello della Costa Smeralda. Il fatto è che non si comportano come gli islamici: non pregano 5 volte al giorno, non si prostrano a terra, bevono grappa, le donne non sono velate e hanno diritti pari agli uomini o quasi. Gli hunza sono però famosi per la loro leggendaria longevità, di parecchio oltre i 100 anni, e l’ottima salute di cui godono, immuni da parecchie malattie e da infezioni microbiche, tanto da far parlare di Sangri-la, la terra dell’eterna giovinezza. Sicuramente l’aria pulita, l’acqua di ghiacciaio ricca di minerali, il severo allenamento fisico imposto da un ambiente da capre e una dieta vegetale interrotta da un digiuno primaverile per la fine delle scorte alimentari giovano alla salute di chiunque, senza contare che l’assenza di anagrafe in alta montagna può indurre facilmente in errore sull’età reale.
Di estremo interesse etnografico anche il Baltistan, l’estrema regione settentrionale del Pakistan formata dalla valle dell’Indo e dei suoi affluenti. La gente baltì, di origine tibetana come la lingua, costituisce il risultato di una fusione razziale frutto delle invasioni-migrazioni che da sempre hanno interessato queste aree apparentemente inaccessibili. Di straordinario interesse naturalistico il parco nazionale di Deosai, al confine con il Kashmir indiano e grande quanto la Valle d’Aosta, che occupa gran parte dell’omonimo altopiano (il secondo per altitudine al mondo), formato da enormi pianure erbose ad oltre 4.000 m che proteggono fauna e flora subalpina: orso bruno himalayano, leopardo delle nevi, lupo, stambecco e marmotta dalla coda lunga, mentre in primavera le piante offrono una straordinaria fioritura di stelle alpine, genziane, orchidee, viole e artemisie.
L’operatore milanese “I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 02 34 93 45 28, www.viaggilevi.com), specializzato con il proprio catalogo “Alla scoperta dell’insolito” in percorsi di interesse ambientale ed etnografico, propone in Cina-Pakistan un itinerario di 16 giorni dedicato alla scoperta delle località più suggestive e delle popolazioni più interessanti tra le montagne e le vallate dell’Himalaya, del Karakorum e dell’Indokush, con partenza dal famoso mercato di Kashgar nello Xinjiang cinese, punto di incontro delle etnie dell’Asia centrale, e arrivo nella capitale pakistana Islamabad. Unica partenza con voli di linea Ethiad Airways da Milano il 7 Agosto 2015, pernottamenti nei migliori hotel disponibili in pensione completa, accompagnatore dall’Italia, quote da 3.900 euro in doppia.